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Very Hot Topic (More than 25 Replies) Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz (Read 28095 times)
vitoliuzzi
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Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
11.02.2004 at 17:45:18
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Ron Carter - Bass Alone.
Un Cd che tempo fa mi regalò un mio allievo e che ancora oggi mi sbalordisce per la qualità artistica e sonora di Ron Carter. Riuscire a fraseggiare pizzicando il contrabbasso con triadi e bicordi ben intonati, mi ha colpito parecchio. Vorrei però sfruttare le maggiori conoscenze degli amici del Forum per capire, nel Jazz, cosa effettivamente fa la differenza fra un jazzista ed un altro. A parte le preferenze personali, cioè, ci sono degli elementi comuni che fanno dire :"quello è un buon jazzista"? La parte virtuosistica è fine a se stessa oppure il "sound" assume maggiore rilievo? E l' improvvisazione quando si può considerare di qualità? 
Ovviamente è un discorso credo ampio che può valere per ogni strumento, ma vista la mia formazione classica mi piacerebbe approfondire questi temi sul contrabbasso jazz !

Vito
  
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MrPC
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #1 - 12.02.2004 at 13:20:38
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Fosse semplice dare risposte a simili domande!
Provo a dare la mia opinione.
Un buon jazzista è uno che perla bene il linguaggio del jazz (immagina che al posto delle note ci siano parole, che il jazz sia una lingua). Se uno ha capacità di espressione, o di comunicazione o di farsi ascolatare ritengo sia un buon jazzista.
La qualità dei più grandi penso sia la personalità, che li ha portati ad innovare il linguaggio e ad amplarlo con nuove regole grammaticali, e la capacità quindi di farsi riconoscere ad occhi chiusi (... ed orecchie ben aperte!).
Il virtuosismo, il sound, la precisione, la capacità di sintesi, l'articolazione, i contenuti, l'empatia ecc. sono tutti elementi che possono enfatizzare la capacità comunicativa, ma non è detto che debbano essere presenti contemporaneamente. A volte basta uno di questi elementi al momento giusto per fare cose memorabili.
Non è detto poi che un grande in una situazione sia altrettando grande in un'altra.

Fine prima parte!
  
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MrPC
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #2 - 12.02.2004 at 13:28:36
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Prendi per esempio Scott La Faro, uno dei miei preferiti (pilastro del trio di Bill Evans nonchè collaboratore in importanti esperienze con Ornette Coleman): buon virtuoso, grande empatia, personale negli assolo, se lo mettevi in situazioni dove c'era semplicemente da andare in quattro diventava ... normale, non certo uno da scegliere per il suo swing.
Prendi Percy Heath sempre con Bill Evans (Interplay per intendersi): grande swing, ma il gruppo suona in modo del tutto diverso, in modo classico, sicuramente meno innovativo.
Prendi John Patitucci (per venire verso tempi più moderni, anche lui un virtuoso ma se lo ascolti con Chick Corea (Akoustic Band) il suo virtuosismo (e quello di tutto il gruppo) è abbastanza fine a se stesso, poco comunicativo. Se lo ascolti con il recente acosutic quartet di Wayne Shorter allora ti rendi conto di come la tecnica possa essere al serivizio della ... Musica.

Fine seconda parte!
  
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MrPC
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #3 - 12.02.2004 at 13:34:29
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Altri grandi come i due Charlie, Mingus e Haden, si caratterizzano per essere degli organizzatori di gruppi.
Elemento di riconoscibilità di Haden è l'uso parsimonioso delle note, la ricerca della Nota giusta, Mingus è più tecnico, ma anche lui si muove un po' in quella direzione.

Fine terza parte!
  
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vitoliuzzi
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #4 - 13.02.2004 at 10:59:42
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Concordo su John Patitucci. Non si può discutere minimamente il suo talento poliedrico, ma quello che non ho mai gradito è l'aver appiattito generi musicali come ad esempio la Fusion, che di per sè offre molti spunti innovativi e concettualmente interessanti. Mi piace molto il discorso sulll' "empatia". Dovrebbe essere la base comunicativa di ogni musicista. Chi riesce ad instaurare un discorso musicale "empatico" con i suoi ascoltatori, ha più possibilità di avere successo anche se carente sotto alcuni aspetti. Credo, cmq., che certe qualità comunicative siano "innate". Musicalmente, però, si può cercare di migliorare la propria discorsività ed avere così maggiori possibilità per creare un rapporto empatico col proprio ascoltatore.

  
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #5 - 13.02.2004 at 11:52:49
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Dico la mia sui contrabbassisti jazz:

Mi trovo completamente in accordo su quanto ha detto Mr PC riguardo il saper parlare il linguaggio jazz.

Parlando però in maniera più pratica un bravo bassista, secondo me, deve essere capace, oltre che a lavorare bene in gruppo e tenere bene il tempo senza strafare (ricordiamoci che i cantanti non seguono la batteria ma il basso per tenere il tempo), fare delle belle linee armoniche, ......., insomma tra le altre cose deve saper anche improvvisare. Perchè l'improvvisazione è per me, insieme al fraseggio, la vera essenza del jazz.

Io sarò forse truce, però secondo me gente come mingus, ron carter, haden (tanto per citare i più noti), è troppo carente dal punto di vista dell'improvvisazione per piacermi. Per me Mingus è il massimo per quanto riguarda la composizione, i suoi pezzi li trovo fantastici. Però bisogna avere anche il coraggio di dire che i suoi assoli erano veramente orrendi (molti, a mio avviso ipocriti, dicono che io non riesco a comprenderli).

Se devo fare un nome, come esempio per capire come, sempre secondo me, deve suonare un bravo bassista jazz, non posso che citare Dave Holland. 
  
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MrPC
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #6 - 13.02.2004 at 14:28:16
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Concordo sul nome di Holland, in questo momento penso sia il più compelto (penso di averlo già scritto in qs forum).
Concordo anche sul giudizio per Haden, che a me non piace più di tanto dal punto di vista tecnico, me che è osannato dalla critica (un suo solo su "Alone Together" qualche anno fa fu premiato come solo dell'anno) per la sua capacità di scegliere poche ma giuste note.
Mingus invece mi piace, anche come solista, anche se, tra i bassisti del passato, il mio preferito rimane lui ... MrPC.
  
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MrPC
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #7 - 13.02.2004 at 14:43:36
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Ho dimenticato di dire la mia sul Ron Carter solista. La pensavo come te fino a qunado non l'ho visto una paio di anni dal vivo, in trio con Kerry Barron e Billy Cobham esibirsi in un contesto "classico": mi ha sorpreso e mi sono un po' ricreduto sul suo conto ricreduto.
Altra cosa che mi dimenticavo su Haden: Gary Peacock (altro che non mi convince al 100%) in un'intervista di qualche anno fa indicava in Haden come bassista dal quale prendere esempio proprio per la sua capacità di scegliere poche note.
  
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #8 - 13.02.2004 at 14:45:37
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Alla faccia dei correttori automatici. Gary Peacock è diventato Gary Peathinghy!
  
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MrPC
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #9 - 13.02.2004 at 14:47:03
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PEACOCK (quello del trio di Jarrett per intendersi, se il pc dovesse ancora cambiargli le generalità).
  
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #10 - 13.02.2004 at 14:52:56
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L'ha cambiato di nuovo, ed il bello è che lo fa al durante l'invio del messagio.
Un alltro che mi piace molto, tecnicamente, come accompagnatore e come solista, anche se ogni tanto viene fuori la sua cultura europea ed il suo background classico (senza offesa naturalmene) è George Mraz.
  
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #11 - 13.02.2004 at 14:54:32
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Prima di tutto un saluto al Maestro Liuzzi da parte di Remigio...Quello che io credo in merito all'argomento è
che aldilà di tutti i discorsi sulla tecnica e sulla capacità di mettere le note giuste nei momenti giusti(...discorso che non mi sentirei tanto all'atezza di affrontare!),ciò che mi fà preferire un bassista ad un altro è quanto di più personale riesco a scoprire all'interno ad esempio di un solo.Ogni individuo sulla faccia delle terra è diverso da chiunque altro e quindi la personalizzazione nell'uso di un pezzo di legno con quattro corde attaccate ai fini della comunicazione di emozioni,è per me il massimo che si dovrebbe riscontrare in un discorso improvvisativo!
  
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Beppe
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #12 - 13.02.2004 at 16:34:05
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E' tutto vero, i gusti sono gusti.
Però nel Jazz, secondo me, un po' troppo spesso si usano le scuse sul mood, sulle sensazioni, sullo stile personale, per mascherare delle belle lacune tecniche. Molto spesso non mi trovo d'accordo con la critica su alcuni personaggi.

Vi faccio un esempio: io ho avuto il piacere di vedere il trio con Joe Lovano, Bill frisell e Paul Motian dal vivo. A me piace moltissimo Bill Frisell, Joe Lovano lo trovo un po' "vecchio" ma comunque un gran musicista. Mentre Paul Motian proprio non lo capisco. Mi sembra un rimbambito che si è trovato in mano 2 bacchette e le sbatte in giro a caso, ogni tanto trova le pelli dei tamburi, ogni tanto no.

Io sono solamente un Beppe qualunque che nessun giornale ha mai recesito, però su un giornale di musica che ho letto settimana scorsa c'era scritto questo: "grandissimo trio, coinvolgente, Paul Motian ha dato a tutti i giovani una lezione su come deve suonare un contrabbassista moderno".   

Secondo voi il critico l'ha visto il concerto? Visto che, per quei pochi che non lo sanno, Paul Motian è un batterista.

Prima di darmi del pistola (come si dice a Milano) vi chiedo: ma lo avete visto suonare ?

Cambiamo argomento
Che ne pensate di NHØ PEDERSEN ? Io l'ho visto più volte dal vivo, ed è mostruosamente bravo. Consiglio a tutti i dischi con Oscar Peterson.

  
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vitoliuzzi
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #13 - 13.02.2004 at 17:56:01
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Scusate se mi intrometto, ma devo salutare assolutamente Remigio che seguo ormai da tempo. Sono molto contento che anche tu intervenga in questo Forum e spero che ti diverta in questa "comunità virtuale" (fino ad un certo punto) dove ognuno contribuisce con grande senso civico e cortesia. Non male !!
Ciao Remigio.
  
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vitoliuzzi
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #14 - 13.02.2004 at 19:06:35
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Ho notato che sono stati menzionati nomi eccelsi del panorama mondiale del Jazz. Non ne ho trovato uno fra gli Italiani. E' una casualità, oppure si tratta di qualità geneticamente prederminate? 
Ciao
Vl
  
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #15 - 13.02.2004 at 21:03:26
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leggo tante opinioni e ne condivido moltissime.
recentemente ho rivalutato Patitucci che all'inizio consideravo usasse troppo la tecnica e poco la musica...
Un 'nuovo grande' è certamente Christian McBride, un moderno in cui si sente tutta la storia del contrabbasso jazz.

Gli italiani? Ce ne sono, vedi Riccardo del Fra e Furio Di Castri. Ho avuto il piacere di conoscerli (presi anche delle lezioni da Furio tanti anni fa) e li considero veramente preparatissimi.

a presto
dinibass
  
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remigio
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #16 - 14.02.2004 at 13:35:06
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Condivido il discorso di dinibass sul fatto che tanta gente maschera la mancanza di tecnica focalizzando l'attenzione sullo stile personale,ma quello che intendevo dire è che presupponendo una basilare conoscenza tecnica dello strumento e del linguaggio musicale,in questo caso si parla di jazz,si riconosce subito chi ha qualcosa da dire e chi cerca di dire qualcosa che magari ha sentito già da qualcun altro prima di lui...certo è comunque che più capacità hai tecnicamente e musicalmente e maggiore sarà la capacità di comunicare!!

P.s. per il Maestro Liuzzi ho trovato molto interassanti parecchi link!
  
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vitoliuzzi
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #17 - 14.02.2004 at 18:15:24
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Quote:
certo è comunque che più capacità hai tecnicamente e musicalmente e maggiore sarà la capacità di comunicare!!


Del resto, Remigio, ne abbiamo parlato più volte. E' un argomento interessante soprattutto se cominciamo a comprendere bene cosa s'intende per "tecnica". Tecnica e virtuosismo non sempre vanno di pari passo. Anche un passaggio lento ma eseguito con grande intensità, con estrema consapevolezza di quello che si sta facendo, con grande padronanza dei meccanismi legati alle dinamiche che si vogliono esprimere, e soprattutto lasciando pensare all' ascoltatore attento che quelle note vengono eseguite con estrema facilità, tanto che chiunque possa essere in grado di rifare quello che fai tu, sono elementi che presuppongono uno studio a priori dove si è privilegiata la tecnica alla mera improvvisazione esecutiva. Il virtuosismo fine a se stesso, più di maniera oserei dire, impressiona ma può non lasciare niente in chi fruisce del tuo far musica. Quando tecnica e virtuosismo viaggiano in un' unica direzione che è quella del "buon gusto", "del bello in sè", della "coerenza estetica", allora forse qualche passo avanti lo si è fatto. La ricerca di questi elementi, di stampo forse troppo filosofico, è costante e perenne. Sono concetti assoluti ma al contempo relativi, poichè permettono una ricerca interiore che ad un certo punto non deve avere più modelli di riferimento, ma si deve basare sul proprio linguaggio che musicalmente si intende esaltare.
  
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remigio
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #18 - 15.02.2004 at 12:03:05
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Ben detto Maestro proprio per questo adesso stacco il pc e vado a suonare un pò di corde vuote in 8 al ponte...eh eh eh!
Scherzi a parte,mi è piaciuto il fatto che "l'ascoltatore deve poter pensare di poter suonare persino lui quel passo!"
Un saluto a presto.
  
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MrPC
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Re: Qualità sonora ed improvvisativa nel Jazz
Reply #19 - 16.02.2004 at 10:43:51
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Questo topic è tanto bello quanto complesso.
Nel considerare i contrabbassisti ed i musicisti contemporanei il discorso della preparazione tecnica penso sia superfluo (nel senso che oramai anche gli sconosciuti sono preparatissimi sotto questo punto di vista).
Per i musicisti del passato il discorso può essere un po' diverso, perchè loro hanno avuto anche l'onere (e l'onore) di aprire una strada.
A questo proposito vorrei portare un esempio con i sassofonisti: il fatto che Coltrane dimostrasse le capacità techniche che aveva non escludeva il fatto che ci potessero essere altri musicisti, qualli per esempio Dexter Gordon, che pur non facendo della tecnica il loro punto di riferimento fossero dei grandi musicisti.
E' vero poi che ci sono casi in cui la critica porta in alto personaggi di capacità discutibile.
  
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