Parte2 La sensazione è quella di ascoltare non un "contrabbasso" , ma uno "strumento" totalmente diverso, atipico, inconsueto... antico come antica è la cultura indiana. E' possibile che anche un "intenditore" non sia in grado di percepire, nella sua totalità, il timbro di un contrabbasso che sotto le sapienti mani del Maestro assume colori, sfaccettature e risvolti estremamente variegati.. Questa caratteristica concettuale, assolutamente fuori dai luoghi comuni dell' interpretazione di stampo tradizionale, od in qualche modo legata e confinata nella "memoria storica", dimostra la straordinarietà di Mantra 22:22. Come dire, l' essere riusciti a concepire il tempo, la meditazione, la liberazione mentale dagli affanni e dalle quotidiane angosce in un unico e coerente discorso musicale. É la musica che si fa pensiero, od il pensiero che si tramuta in musica. Personalmente ho sempre apprezzato il virtuosismo di Stefano Sciascia, mai fine a sé stesso; il suo fraseggio dai mille colori che si rincorrono come se vi fosse l' Idea di una descrizione pittorico-naturalista; il suo modo di interpretare i Grandi del passato sotto un' ottica totalmente diversa da quella abituale. Tuttavia in questa occasione il suo ansimare, la voglia di creare un' atmosfera magica ed estremamente suadente (insieme a questa riproposizione di strumenti vetusti tramite l' utilizzo dell' arco in posizioni particolari e di glissandi estremamente lucidi e calibrati), l' attento uso di un vibrato che ritarda nel suo apparire, ma che poi si apre e si contrae a suo libero piacimento, rendono questo pensiero musicale non più modale, non più legato strettamente al "temperamento" della logicità matematica dei numeri, ma chiaramente a-modale o forse pluri-modale. A suo tempo qualcuno avrebbe potuto scambiare questa concezione sonora come un filosofare di tipo strumentale legato al mondo della "NewAge", quella più autentica e genuina. E non avrebbe commesso un errore concettuale, se si pensa alla vera essenza di questo genere musicale che solo successivamente, nelle mani di un mercato sempre più esigente ma qualitativamente meno prestigioso, ha perso totalmente la sua Essenza più profonda: la concezione olistica del mondo dove l' Essere, lo Spirito, la Natura e la Divinità costituiscono un tutt' uno, un flusso vitale senza divisione alcuna. Che dire? Bravo! Sarebbe sinceramente poco, anche usando un vezzeggiativo altisonante. Direi soprattutto estremamente intelligente e sottile nell' essere riuscito a proporre nuova "materia sonora", quasi come un demiurgo platonico che la plasma a suo piacimento. Se l' Idea di Sciascia sia stata quella di creare con un "semplice ed umile" contrabbasso un mondo sonoro totalmente diverso, erede del pensiero indiano, del Tantra e, "de relato", del Mantra, penso che ci sia riuscito pienamente. Questo pedale ostinato, lunghissimo, questo fraseggiare sempre sommesso ma di un lirismo a volte devastante, questi piccoli ma intensi interventi quasi a mò di canone, questa rotazione sonora che riporta alla mente la staticità di un tempo che fluisce fra passato-presente-futuro in un unico punto di riferimento, rendono questo lavoro di un'originalità estrema, ponendo l'Artista a livelli dimensionali e sonori di sicuro pregio.
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