Ciao, LIMITI TECNICI Non conosco musicisti che non ne abbiano. Per me i bravi sono quelli che producono arte (ullalla’, che parolona! ) nonostante i propri limiti. Quando ascoltiamo un solo di Charlie Haden, tanto per citare uno amato e odiato, non ci poniamo mica il problema se, volendo, sarebbe capace di suonare più veloce di Patitucci. Io trovo utile un po’ di “schizofrenia” nel lavoro, nel senso che un conto è lo “studio” (muovere veloci le mani, essere intonati, non stancarsi, tirare fuori un bel suono, leggere bene, avere tanti patterns in testa, etc…. ) quello te lo fai a casa tua o in sala prove col gruppo. Altra cosa è la “musica” (inventare un progetto, raccontare cose quando sei sul palco, sapere stare su un palco, avere coscienza, avere uno stile, etc…..). Ovvio che più mezzi tecnici hai a disposizione, più hai possibilità di esprimerti, e che poi i mondi “studio” e “musica” non sono così separati. REPERTORIO Prendo a esempio di un set di cinque brani: 1) Oleo – Ornithology– Straight no chaser – My funny valentine – Doxy 2) My funny valentine – Doxy – Straight no chaser – Ornithology – Oleo 3) Straight no chaser – Doxy – Ornithology – My funny valentine – Oleo In base alla sequenza in cui li disponi comunichi al pubblico cose differenti: il caso uno è: “Parto come una belva, mi rilasso di colpo, prendo tempo”; il due è “parto in sordina e divento via via più aggressivo”, il tre è “parto con qualcosa di sicuro e spedito, lo mantengo, poi ti faccio prendere fiato, poi riprendo a mille”. Non so se è chiaro, hai suonato gli stessi brani, ma l’ordine in cui li hai disposti ha comunicato al pubblico cose differenti. STRUTTURA Il discorso è analogo al repertorio. Se Oleo (Herbie Hancock quartet dal vivo, non ricordo il CD) comincia con sei minuti di Ron Carter che assola a tempo tagliato e la traveste da medium, non è la stessa cosa che cominciarla in quattro con Tony Williams che pesta come un ferraio. Secondo me consigli non ce ne sono, né per la struttura né per il repertorio, se non quello di stare attentissimi a cosa si vuole comunicare. volente o nolente, chi sta su un palco "racconta cose" Andrea ha fatto un nome che per me è preziosissimo, cioè John Zorn, che è uno dei miei preferiti. Beh, lui a volte fa cose di una semplicità disarmante (riesce a essere più semplice persino di Haden! ) e di una bellezza stellare. Ciao e buon suonare...
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