questa è quella del Billè Severo, grave, pensoso, nella obesità del ventre solenne, dall'alto del grosso capo ricciuto, corazzato d'acciaio, osserva, sorveglia, soddisfatto della sua missione di misuratore, il gran papà dell'orchestra. Egli è laggiù, il contrabbasso, in fondo all'orchestra, nero, tondo, un pò accigliato, vegliando sempre. Grave e paterno e a volte bonariamente sussurrante quasi in dolce consiglio oppure gorgogliante, rumoreggiante, ruggente in tempesta d'anima e di cuori, o per bufere di cielo; tranquillo, sonoro, ampio, accondiscendente, incoraggiante quasi per domestici affetti e per tranquilli amori; o lento e greve nella solennità d'un inno all'Eterno. E, mentre i violini si abbandonano con dolcezza di sentimento in una blanda frase passionale, mentre i flauti trillano tutta una cascatella di noterelline gaie, fuggenti, e i violoncelli bisbigliano in una piana nota d'amore e le trombe squillano festanti e gli oboe, i clarini, i fagotti si appisolano quasi a una tonda cantilena pastorale, il contrabbasso veglia attento e, con una nota secca, poderoso richiama tutti sulla buona via, oppure con grave mormorìo accenna a frasi nuove nello sviluppo della composizione orchestrale. Rumoreggia profondamente a mano a mano crescente, quando all'avvicinarsi d'una tempesta, l'orchestra tende ad uno scoppio sonoro; si mantiene calmo e pensoso, canti l'orchestra la sventura di un amore o la festività d'una primavera aulente; e di laggiù, da quel fondo, raramente dimenticandosi in virtuosità strumentistiche o in fantasie di passione, pago d'aver avuto il suo trionfo pel celebrato Bottesini, il contrabbasso, vecchio papà dell'orchestra, guarda, ascolta e guida, sicuro sempre di sè, soddisfatto nella fiducia che gli mantiene l'orchestra intera che a lui guarda come al burbero brontolone benefico. Isaia Billè, 1900
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