Ciao a tutti.
Vorrei precisare che il titolo esatto del CD è: SEGNI DEL TEMPO.
Per l'immagine della cover ho provato a caricare files di vario tipo .jpeg .tiff ed altri formati ma invano!
Vorrei capire che cosa bisogna scaricare sul link
http://imageshack.us/ ...un editor o cos'altro ?
Per il resto della critica di Zignani, ..beh compratevi il CD...
No.. scherzo eccola qua - spero ci stia tutta... (a parte gli scherzi però per avere il CD a soli € 12,00 e leggersi anche tutte le presentazioni ai brani proposti, scrivere a francioni61021@libero.it - in contrassegno o con bonifico):
"...La coscienza, per lui, esiste solo dopo la sensazione; è una risposta fittizia al problema che l’Io si fa allorché la memoria lo interroga sulla sua sostanza, che è semplicemente un’impostura nata dalla continuità dei ricordi. Al di là di ogni sensazione, esiste l’idea? Nella musica di Francioni, l’idea portante compare sempre alla fine, dopo che il percorso del brano, con la sua contrapposizione “umana troppo umana” tra lucidità analitica e sentimento, ha compiuto il proprio periplo intorno alla linea fondamentale del basso. In questo senso, la musica di Francioni è un tributo al Romanticismo, pervasa, com’è, di quello “sguardo all’indietro” che compare, significativamente, ad epigrafe nel bel mezzo della Sonata n.3 per pianoforte di Brahms: l’altro modello cui Francioni, insieme ai contrappuntisti fiamminghi, sembra richiamarsi. E’ un gioco di echi: ogni tema richiama nella mente del compositore, che è anche il primo ascoltatore, il ricordo di altri temi; la simbiosi di questo personale teatro interiore con la realtà fisica dell’evento sonoro crea quelle derivate, quelle rotte occidue, che sono l’anima dell’arte. Il secondo intento ‘poetico’ che la musica di Francioni si propone, dopo la combinazione di prospettiva ‘orizzontale’ e ‘verticale’, è, infatti, la simbiosi tra ‘suono di natura’ e ‘suono di memoria’. Ed ecco un terzo modello: Mahler, che, nelle prime battute della sua Prima Sinfonia, prescrive che gli armonici dei violini risuonino “wie ein Naturlaut”, “come un suono di natura”. Alla fine di ogni civiltà, la natura viene a far parte del codice privato, intimo, di ogni artista.
Il Terzo millennio si sta aprendo con un’impressionante effusione di nostalgia della natura, quasi fossimo certi di avere superato il punto del non-ritorno. Per Francioni, il ritorno alla natura è un ritorno alla fisiologia degli strumenti. Esistono compositori per i quali gli strumenti musicali sono soltanto ‘occasioni di suono’, a prescindere dalle loro caratteristiche ‘anatomiche’: Beethoven, il quale, al violinista Schuppanzig, che lamentava l’ineseguibilità di certi passaggi, nella Grande Fuga, rispose “che vuole che me ne importi, del suo violino?”, ne rappresenta l’esempio più evidente. Altri compositori fanno ‘affluire’ i suoni dall’anima segreta dello strumento, quasi i suoni vi fossero già insiti, e l’orecchio del compositore avesse il mero compito di estrarli fuori. Quando Debussy, in Syrinx, racconta l’origine dei suoni attraverso un lungo assolo del flauto, dà voce all’anima del più antico degli strumenti con un tema le cui caratteristiche paiono germinate dalla sua stessa ‘fisiologia’ metallica. In quanto contrabbassista, Francioni ha l’attitudine ad ascoltare la personalità degli strumenti; ne deriva, alla sua musica, una qualità lirica insita tra le pieghe della narrazione, quasi il tema fosse una colonna di fuoco capace di vaporizzare l’aria fino alle regioni estreme, dove, vibrante, si dischiude uno scintillio di armonici che l’orecchio umano non può percepire, ma nel quale sta l’origine di tutto. Francioni è uno dei pochi compositori oggi esistenti capaci di rappresentare in suoni la memoria senza svilirne il carattere metafisico attraverso lo stratagemma dell’evocazione sentimentale. Per lui, esiste solo la memoria delle cose, che, in quanto sensazione del tempo, se risolta dalla musica in forme compiute, può redimerci dall’alienazione in cui la nostra coscienza ci costringe. Tra lo spazio ed il tempo della musica, dunque, tra orizzontale e verticale, Francioni sceglie una terza prospettiva: il prisma. Tutto è già avvenuto; noi dobbiamo soltanto inventariarne le rovine e sistemarle secondo le linee di forza del domani. In questo senso, la musica di Francioni ha un ulteriore modello - questa volta, letterario - in quella “poesia delle rovine” che ha trovato in Eliot e Pound i suoi rappresentanti. Come Phlebas il Fenicio, il marinaio “morto per acqua” celebrato da Eliot, Francioni vive la musica come sospensione liquida, camera della memoria entro cui gli echi giocano a rimescolarsi in ogni direzione, secondo le pulsioni incontrollabili della materia, senza che la coscienza, in questo, debba avere parte alcuna. Smemoramento, perdita dell’Io, riconquista del Sé: siamo in pieno buddismo Zen: una dimensione spirituale ben nota a chi, come Francioni, quando compone, abbia l’abitudine di perdersi nella natura. Per rinunciare fino a questo punto agli errori dell’umanesimo, col loro carico di veleni ed ipoteche sul futuro, ci vuole, al tempo stesso, coraggio ed un senso di inveterato ottimismo verso la bellezza, la bontà insita nella materia, qualora se ne rispetti il suo semplice giustapporsi, succedere per derivazioni indefettibili, ma che, da noi, non possono quasi venire avvertite.
Non fosse altro, per come ci insegna a raggiungere questo stato di nuova attenzione alle cose, la musica di Francioni merita di v