Per Alverman: beh, se hai questa vocazione alla traduzione, oltre che la competenza si capisce, potresti proporla al Brun (se il suo libro ti piace); è già un'edizione recente ed è abbastanza conosciuta internazionalmente, ti sarebbero grati moltissimi italiani e magari rischieresti pure di guadagnarci un po'... Per Giorgio: ci sono diversi modi di intendere l'improvvisazione nella musica barocca, ne provo un elenco con qualche riferimento a letture possibili. - esiste una forte componente improvvisativa nell'interpretazione della musica barocca (alle volte maggiore altre volte minore a seconda dei contesti e periodi e autori), legata sia alla esibizione virtuosistica delle "diminuzioni" (vedi sotto), sia alla realizzazione del basso continuo da parte degli strumenti armonici (tastiere e pizzichi) e sia nella scelta del colore orchestrale (penso alle indicazioni "per qualsivoglia istrumento" o alla libertà di raddopiare le parti). E sia ancora a libertà espressive, agogiche o timbriche, finalizzate all' "affetto", al testo o alla situazione. C'è insomma un rapporto molto più libero con la parte scritta di quanto non ci sarà poi successivamente. A tal proposito Harnoncourt come molti altri hanno scritto parecchio, tutto ciò è insomma rientra nello studio della prassi esecutiva. - esiste inoltre la pratica degli abbellimenti e delle diminuzioni (o tirate); materiale musicale che si aggiunge a ciò che è scritto e predefinito. Credo che uno dei libri migliori in merito all'ornamentazione sia "l'interpretazione della musica dei secoli XVII e XVIII" di Arnold Dolmetsch (edito in Italia da Rugginenti). La vera difficoltà dell'ornamentazione sta nella giusta applicazione, per risultare coerenti con il gusto e il linguaggio di ciò che si sta eseguendo. Molta musica del seicento apparentemente semplice e povera di materiale musicale sopravvive grazie alla consueta pratica delle diminuzioni, frasi scritte semplici si trasformano in costruzioni dense di scale e arpeggi, note di volta o di passaggio, trilli e appoggiature; esempi nel trattato di Ortiz o ne La Fontegara. L'uso dei ritornelli o di qualsiasi forma strofica solitamente non prescinde dalla variazione di quanto esposto in precedenza (un esempio per tutti le arie col da capo), arrivando anche a cambiare le linee melodiche. Oltre ai citati mi sfuggono un paio di testi che riproducono alcune variazioni/diminuzioni abbastanza eclatanti dove frasi molto elementari si trasformano in scrittura da esame di licenza di solfeggio! Al di là dell'aspetto visrtuosistico, peraltro fondamentale, visti da una prospettiva jazzistica non c'è nulla di troppo sconvolgente: viene utilizzato materiale tonale aggiunto alla parte scritta (ma si può anche lavorare per sottrazione), tramite modelli ritmici e melodici dello stile in cui si sta suonando, per lo più note di volta, note di passaggio, ritardi e appoggiature. Il trucco (e la difficoltà) è conoscere bene lo stile in cui si sta suonando e comporre "manieristicamente" estemporaneamente. - Ci sono poi le cadenze, ovvero momenti di improvvisazione interni a composizioni scritte, o molto brevi (per esempio una piccola ornamentazione) o anche abbastanza lunghi (come poi sono rimasti nelle forme "concerto" dei secoli a venire), che utilizzando materiale esposto oppure in totale libertà rimangono in uno stato di sospensione per risolversi con la ripresa della parte accompagnata. - C'è inoltre l'improvvisazione libera su ground, ovvero su basso ostinato, ...ovvero su un chorus ben definito. I ground più comuni sono tutti sul già citato trattato di Ortiz (el primo libro di Diego Ortiz) con esempi di improvvisazioni. Questo si chè è molto jazzistico, infatti molto sfruttato in recenti produzioni discografiche più o meno "contaminate". Un basso ostinato può essere presente all'interno di oratori o opere o altre e può essere una buona occasione improvvisativa. - E c'è infine l'improvvisazione libera, quella che C. P. Bach chiama libera fantasia. Quasi sempre per strumento solo e quasi sempre per strumento armonico. Basti pensare che gli organisti studiano in conservatorio "composizione e improvvisazione organistica" e conosco musicisti in grado di improvvisare su un tema fischiettatoli lì per lì fughe a 4 voci senza troppi problemi. Si tratta di avere una buona conoscenza delle tecniche compositive ...e poi utilizzarle; i libri su cui studiare sono gli stessi libri su cui studiare composizione, cioè molti e non saprei cosa consigliare. Potrebbero essere improvvisazioni molte fantasie cembalistiche che si presentano appunto in forma libera oppure un esempio su tutti la cadenza del cembalo del 5° brandeburghese dovrebbe essere la successiva trascrizione di un'improvvisazione dello stesso Bach. Esiste anche la formula del ricercare o del tastar de corde, anche con strumento melodico (vedi Ortiz), dove è molto forte l'aspetto tecnico meccanico con lo strumento suonato. Si sa inoltre che potevano esserci improvvisazioni libere con due o tre elementi, con meccanismi non dissimili dalla libera fantasia di C. P. Bach, sommata a una sana capacità di sentirsi e seguirsi. Ti consiglio un libro che parla in generale di improvvisazione e quindi parzialmente anche di impro nel barocco: " I processi improvvisativi nella musica, un approcio globale" di Vincenzo Caporaletti. L'ho comprato un anno fa ma non l'ho ancora letto con attenzione, mi sembra fatto molto molto bene, non è semplice però. Ciao! Fede
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