notevole impatto sonoro. Una parte iniziale dove sembra che il contrabbasso la faccia da padrone, si pone più in evidenza rispetto agli altri strumenti, in specie con questa percussività che insieme a sonorità e bicordi ottimamente realizzati, portano ad un certo punto l’ ascoltatore a raffigurarsi delle “campane mistiche orientaleggianti”, sempre in questa punteggiatura ed accentuazione di un Tempo che scorre pacato sì, ma con una sorta di inesorabilità (e la medesima cosa compare con i flauti che scandiscono un tempo fatto mai di frenesia nevrotica ma costituito da estrema lucidità linguistica-compositiva). L’ uso del “sautillé” ai limiti delle possibilità espressive del contrabbasso, ed altri elementi tecnici, sembrano ad un certo punto creare una sorta di “caos esistenziale”, con l’ ostinato dei fiati che mette in risalto la qualità dell’ intero brano ma che, secondo chi scrive, è anche il risultato di una spiccata sensibilità di Francioni, aspetto che non sta a significare l’ uniformità dei vari brani anzi, al contrario, la dimostrazione di una certa inquietudine che poi è caratteristica conduttrice di alcuni brani più introspettivi, che si riconoscono con estrema facilità percettiva. Torniamo al solo contrabbasso, strumento sul quale Francioni dimostra di possedere una serie di varianti esecutive anche qui degne di ammirazione, poiché non scende mai nella banalità di carattere compositivo, od in una forma di ovvietà interpretativa, ma dimostra di avere fra le mani, e specie nel brano di cui parlasi, un vero e proprio “contrabbasso parlante”. Troviamo una ricerca appunto estrema della giustezza dei tempi nelle singole frasi, con pizzicati molto precisi e questa razionalità espositiva che spesso è ben evidenziata tramite l’ utilizzo di armonici artificiali a sfinire, abilità tecnica non improvvisata ma voluta secondo quanto la sua scrittura riflette su foglio. Le lunghe pause sono l’ aspetto predominante, specie se paragonate ai brani che precedono “Ricercare” e non posso stare che a significare come il silenzio quasi cosmico costituisca una rottura nel fluire di un tempo il quale scorre inesorabile ma che pur lo comprende. E per poter meglio comprendere quello che si sostiene, Francioni qui è molto abile nello sfruttare tutte le possibilità espressive del suo contrabbasso, di grande ed ampio respiro. Quindi un “Trio”, in questo caso più rassicurante specie perché composto da viola, violoncello e contrabbasso che, appartenendo alla fine ad un’ unica famiglia, ben interagiscono fra loro. Un brano che preferiamo particolarmente poiché qui è evidente quel segno-del-tempo che parte da una sorta di basso ostinato, per poi alternarsi fra gli altri strumenti sicuramente al fine di valorizzare un particolare concetto creativo di tipo compositivo che, fino a questo punto, Francioni è riuscito a realizzare appieno. Interessante la parte in cui il contrabbasso cerca di dialogare, riuscendovi quasi magicamente, con dei sincopati ostinati del violoncello, mettendo per la prima volta in risalto un tempo diverso da quello utilizzato in precedenza, ma sotto il profilo concettuale sostanzialmente identico. L’ utilizzo inoltre di una forma quasi a mò di canone, riconferma quella nostra tesi della ricerca di un dialogo fra gli strumenti utilizzati, all’ interno di una spazialità sonora composta e rispettosa di quella determinata scorrevolezza del tempo lenta ma, come sempre, ben cadenzata. Subito dopo passiamo nuovamente in una situazione di caos a carattere introspettivo, nel quale prevale l’ alternanza fra pizzicati ed arco e, per un attimo, si ha la sensazione di ritrovarsi in una situazione ambientale estremamente piacevole, ma di stampo più occidentalistico. Si tratta proprio di uno
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