Stavo guardando su youtube qualche pezzo del DVD "The art of bow". Rabbath dice più volte che la sua tecnica dell'arco è nuova. 
Mi chiedevo che cosa ci sia di nuovo nel suo approccio rispetto a quello (o quelli?) tradizionale.
C'è qualcuno che ha visto tutto il DVD? vale la pena di acquistarlo, nel senso che la visione può dare qualcosa in più di quello che darebbe il proprio maestro?
Ciao
Cristiano

io sinceramente dopo aver testato e poi studiato in maniera più approfondita la tecnica di Rabbath ho cambiato la mia impostazione.

l'innovazione secondo me sta nel tenere lo strumento meno inclinato del solito, con la faccia rivolta verso l'esterno e quindi l'arco lavora diversissimamente -- tipo l'impostazione del cello in pratica.

Così, il beneficio è di avere un miglio bilanciamento dell'arco sulle 4 corde e secondo me un'agilità più naturale.

Rabbath utilizza però un puntale particolare, io no ma devo suonare seduto per tenere quel tipo di impostazione.

Io consilio di provare nuove impostazioni in un periodo in cui hai pochi cponcerti o lezioni o esami, per capire con calma se funziona e poi fare la scelta, che presumibilmente sarà definitiva (quindi se studi al conservatorio è meglio ti consulti col maestro per evitare esperienze spiacevoli.

ciao

rabbath usa un puntale inclinato inventato,se non sbaglio dal violoncelista Tortellier..Avevo tralsciato questo aspetto perchè suonando seduto u pò mi trovo nella stessa posizione di rabbath..anhe io però preferisco il puntale tradizionale..Se guarate qualche video di Thierry Barbè noterete la stessa impostazione solo che da seduti..Secondo me l'agilità di rabbath sta nell'impugnatura dell'arco enon tanto nel modo in cui tiene lo strumento..poi è pur vero che  sue teorie applicate su se stesso funzionano da paura...Giorgio quali sono stati i tuoi cambi di impostazione con l'influenza Rabbath?

dinibass wrote on 25.05.2010 at 21:18:23:


Giorgio
una dimostrazione della tua impostazione modificata è, ad esempio, quella che si vede su youtube in "Temporary videoclip - William Parker & Giorgio Dini" intorno ai 50 secondi dall'inizio?

dinibass wrote on 27.05.2010 at 21:40:47:


Beh.. Giorgio grazie a te piuttosto per essere in questo forum a condividere la tua esperienza!

Ma a proposito del video, saresti disponibile a raccontare qualcosa (brevemente of course) su come "funziona" una sessione di registrazione come quella?
qualcosa tipo che accordi prendete sulla struttura, che risultato cercate.
La domanda mi viene perché capisco che improvvisate spontaneamente cercando una risposta di tipo intuitivo al suono percepito... ma che vi siete detti prima di cominciare o quando avete deciso di fare il disco insieme?
Grazie
Cristiano

Giann

pensa a quanto è contento il prete se tuo fratello gli mette su una jam session liturgica di quel genere durante l'offertorio   

Scherzi a parte, deve essere stato un bell'esperimento. 
Mi sembrano le situazioni più difficili che possano capitare. Non hai  né uno spartito, né un giro armonico di riferimento.
Mi ricordo che tanti anni fa Paolo Damiani in un corso di improvvisazione in Big Band suggeriva un approccio minimalista, come diceva tuo fratello.
Damiani, in particolare,  suggeriva di suonare liberi ma di cominciare togliendo quante più note possibili. Stringere e poi stringere ancora fino quasi al silenzio e da lì ripartire. Un po' come quando con i bambini si fa il gioco di far fare il riassunto del riassunto del riassunto di una favola. Alla fine resta solo il succo.

NHOP_Son wrote on 10.06.2010 at 14:13:54:


ciao Cristiano,
guarda, su questa musica mi sono fatto un po' d'esperienza e il vero maestro per me è Stockhausen, con cui ho avuto la fortuna di registrare (http://www.siltarecords.it/ita2ERG.html).

Il discorso sarebbe un po' lungo, ci sono tanti approcci e si possono prendere direzioni diverse, spesso inaspettate ma con grandi rischi che il risultato possa essere deludente.

In risposta alla tua domanda, si entra in studio di incisione e si inizia a registrare senza dirsi nulla assolutamente, senza darsi riferimenti.
Importante è ascoltarsi bene, non strafare e cercare un dialogo, poi si può giocare sulle dinamiche, sui contrasti, sulla melange dei suoni, sulle dinamiche, sui ritmi, sui microtoni.... 
Io sono per un approccio assolutamente melodico, ma la relazione con la tonalità esiste ma non in maniera convenzionale nè tantomeno jazzistica, piuttosto la si approccia sotto un profilo armolodico (riferimento evidente a Ornette Coleman che ha inventato questo approccio improvvisativo).

Suonare musica inutitiva in libertà non significa suonare a caso, tuttaltro. Questo a volte è il grande fraintendimento di chi giudica male il Free Jazz (che oggi non esiste più, si è evoluto diversamente grazie ad un approccio più europeo dopo un lungo periodo di oblio).

ciao
giorgio